Intervista ad Andrea Moro

Per InKoj, con molto piacere, ho intervistato Andrea Moro. Posto qui l’intervista, è molto breve ma istruttiva.

Io: Come nasce il tuo amore per la linguistica e cosa puoi dirci del tuo incontro con Noam Chomsky?

Andrea: L’amore per la linguistica è nato solo perché in alcuni ambiti della linguistica si fondono in modo proficuo i metodi e le conoscenze di logica e matematica e quelli di neurobiologia. La linguistica che mi appassiona è l’intersezione di queste discipline e l’ovvio impatto che la conoscenza del linguaggio ha sulla conoscenza dell’uomo. Il mio incontro con Noam Chomsky è nato nel 1988 quando semplicemente, da studente, gli mandai un lavoro e lui mi rispose dicendo che gli pareva interessante e gli sarebbe piaciuto discuterlo. Oggi io consiglio sempre ai miei studenti di individuare dei maestri e di contattarli direttamente senza intermediari o troppe preoccupazioni.

Io:  In Breve storia del verbo essere (Adelphi, 2010) cerchi di sottolineare quanto la filosofia ricoprira un ruolo estremamente importante per le tue ricerche. Puoi dirci qualcosa di questa intersezione tra filosofia e linguistica?

Andrea: Sono convinto che la filosofia non stia solo alla base della linguistica ma di ogni disciplina scientifica. Questo mi sembra evidentissimo nel caso della neuropsicologia dove non si fa un passo se prima non si è chiarito quali sono gli scopi e i limiti del lavoro in questo settore. Basti solo pensare che il problema del dualismo è oggi tutt’altro che risolto. Probabilmente dovremmo completamente rivedere non solo la psicologia ma anche la neurologia se vogliamo uscire dalla stasi nella quale ci troviamo spesso.

Io: Che ruolo hanno oggi le ricerche sperimentali di neurologia – tipo fMRI – negli studi di linguistica? Quali importanti ipotesi sono state confermate e quali falsificate?

Andrea: Non esistono dati privilegiati in linguistica. Gli studi di neuroimmagini, che si aggiungono a quelli classici della clinica, ci hanno permesso tuttavia di ottenere almeno due dati molto importanti: il primo è che la sintassi, il vero spartiacque tra il linguaggio umano e tutti gli altri codici di comunicazione di esseri viventi, si correla ad una rete neuronale dedicata; il secondo è che le regole sintattiche non possono essere convenzionali o arbitrarie perché il cervello reagisce diversamente alle regole che troviamo nelle lingue del mondo rispetto a delle regole artificiali. I confini di Babele esistono e sono inscritti nella nostra carne.

Io: In quale direzione credi debba procedere lo studio del linguaggio e, nel suo caso specifico, della sintassi?

Andrea: Credo che occorra mantenere sempre il doppio binario dello studio delle proprietà formali della sintassi e quello dei correlati neuronali. Il secondo senza il primo si esaurirebbe in breve termine senza dare risposte reali. Il primo senza il secondo potrebbe non essere in grado di farci decidere tra due teorie concorrenti.

Io: Cosa pensi di una certa linguistica “all’italiana” in cui si continuano a respingere le teorie contemporanee per dedicarsi allo strutturalismo come un’ipotesi d’avanguardia? Cosa può essere recuperato dallo strutturalismo e cosa abbandonato?

Andrea: Giulio Lepschy in un suo saggio magistrale sulla linguistica del novecento considerava la grammatica generativa e in particolare la grammatica generativa trasformazionale espressione della linguistica strutturale. Personalmente sono convinto che avesse ragione. In ogni caso, come ben lascia intendere la tua domanda, la linguistica, come la scienza in generale, non dovrebbe essere sensibile ai confini e alle dogane: le nostre università dovrebbero assomigliare di più a quelle medievali che a quelle nate a ridosso della seconda guerra mondiale.

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