Pubblico qui, di fretta, qualche mia riflessione sconclusionata su Nazione Indiana, progetto culturale fondato nel marzo 2003 e blog letterario che seguo da tempo. La letteratura, come tutte le “grandi manifestazioni” dell’espressione umana merita di essere seguita su più livelli: da letterati, da aspiranti scrittori, da curiosi: da uomini. Nazione Indiana permette tutto questo, riuscendo ad alternare riflessioni complesse per adetti ai lavori ad utili segnalazioni che possiamo definire, senza ipocrisia, davvero per tutti. Trovo che la vocazione d’interdisciplinarità e multiculturalismo del progetto sia davvero efficace, e contrasti con il classico “mercato dell’arte” che miri solo a ciò che possa essere venduto. In particolare, e credo umilmente stia qui la particolarità di questa riflessione, Nazione Indiana contrasta la mania al temporeggiare, al rimandare a domani un tentativo per cambiare ciò che riteniamo – senza mezzi termini – squallido. Temporeggiare è rimandare a quel penultimo gesto di cui parla Deleuze, nel suo celebre abecedeario alla lettera b, che la tragedia socio culturale che viviamo ha reso atto scellerato. Lo Stato s’appropria della copula del cambiamento, insinua le sue grinfie nei postriboli della letteratura: è terrorizzato dallo spirito autentico di libertà che la cultura può dare. I pensatori sono parassiti, usano merci e servizi senza produrre l’equivalente, i loro concetti non rendono, fuoriescono solo sovversioni a sproposito, solo perdite, nessuna entrata. Una truffa organizzata, le arti e le filosofie, ai danni dello stato! L’affare letterario non può sfuggire al controllo di governanti lungimiranti che non possono far altro, poveretti, che istituire festival e convegni sperando che il pensiero puro, il distruttore della realtà, possa rendersi funzionale al mantenimento dell’ordine pubblico senza dissestarne il terreno, occupandosi di pseudo problemi: tra variabili logiche e teorie della verità relative al gretto mondo umanoide. Tutta l’economia nazionale, da un progetto di distruzione del capitale come il pensiero, trarrebbe un danno collettivo che non si può permettere e allora, attraverso un sapiente gioco di nuovi stimoli, anche i letterati o filosofi sono messi al guinzaglio attraverso quel bordello domestico che è l’università o l’editoria, il lavoro come massacro della creatività di soggetti che individuano il marcio dove gli altri vedono splendore. Monetizzare il pensiero. Nazione Indiana, attraverso un rapporto diretto con chi legge, l’indipendenza dal mercato e dall’industria culturale, scuote l’anima di un pensiero putrefatto e permette a tutti un accesso al mondo letterario, filosofico e culturale in genere. Tuttavia, una sola nota dolente al progetto deve essere evidenziata: non sarebbe meglio rendere più semplice collaborare al blog? Non si rischiano ancora le coorporazioni o le lobby?
Che la riflessione era sconclusionata, l’avevo detto. Ma è tardi e in Sicilia fanno 40 gradi di notte: sono giustificato.