Recensione a F. Fortini | Lettera Internazionale

Recensione a: Lezioni sulla traduzione – F. Fortini, Quodlibet – 2011.

Apparso su Lettera Internazionale

Tradurre è tradire. Con questa celebre aggermazione è sintetizzata la natura problematica della traduzione. Nel 1989 Franco Fortini, saggista, critico letterario e poeta, tiene le sue lezioni sul tema del tradurre da un punto di vista inedito che attraversa tanto la dimensione linguistica, che quella socioeconomica, e addirittura ideologica e politica. L’idea cardine di queste lezioni, oggi ben integrate  da un complesso apparato bibliografico, ed organizzate nel volume qui recensito, è quella secondo cui il tradurre sia indicatore epistemologico privilegiato per decifrare l’evoluzione culturale, e non solo, dei paesi in cui un’opera viene tradotta. Tra gli esempi più significativi, affrontati da Fortini, quello dell’Iliade nelle traduzioni di Monti, in Italia, e di Hölderlin, basata su Sofocle e Pindaro, per la Germania del primo ottocento. Da esempi di discrepanze molto più filosofiche e culturali che linguistiche, come quelle delle traduzioni Omeriche, passando poi per numerosi esempi inerenti scrittori italiani del novecento, muove la riflessione sull’ermeneutica come attività necessaria, ma certamente non sufficiente, al lavoro del traduttore. La sincronicità, come capacità indispensabile per un traduttore nel suo codificare un testo, è già ben presente nelle riflessioni di Gorge Steiner nel suo capolavoro Dopo Babele ed assume, in Fortini, chiave interpretativa per tutta una serie di congetture presenti nelle prime lezioni in cui, ripercorrendo la filosofia di Benjamin, si evidenzia una positività solo relativa di questo modo di tradurre i testi che assomiglia, più ad un darsi didascalico, che ad un vero e proprio tradurre d’artista. Colmo di esempi volti a dimostrare questo differire nel tradurre, a seconda della sensibilità dell’autore e dalla weltanschauung di riferimento, caso studio principale diverrà, ad esempio, Mientras por competir con tu cabello di Luis de Gòngora che assume, da Ungaretti a Mucchi, passando per Greppi, traduzioni così diverse nella “divulgazione” emotiva sottostante al poetare che, difficilmente, si potrà discutere di mere scelte stilistiche. Percorrendo le differenti correnti letterarie soggiacenti il tema della traduzione da fine settecento fino alle più recenti scuole di pensiero, dalla traduzione letteraria a quella immaginaria, Franco Fortini sostiene l’emblematica tesi dell’impossibilità dello schematismo per periodi dell’attività del traduttore, proponendo invece una classificazione inerente le simultaneità di linee cosciente, tuttavia, che se in certi periodi emergono con fervore motivi d’attività legati al gusto degli autori, in altri si cercano palesemente d’occultarli per omogeneizzare il lavoro sul testo. Un ciclo di lezioni apparentemente tecnico e legato ai soli specialisti del tradurre diviene invece, ad un’attenta lettura, motivo d’intensa riflessione sui movimenti culturali moderni e contemporanei di cui, traduttori autorevoli da Caproni a Sereni, da Giudici a Fortini stesso, specializzatosi in classici come Proust, Kierkegaard e Queneau, sono stati protagonisti indiscutibili e grazie ai quali, una rilettura complessiva delle letteratura contemporanea, si rende davvero possibile. Lezioni sul tradurre da parte di un traduttore che è anche letterato e poeta, significative ed importanti molto più di studi filosofici astratti slegati dalla reale attività che incrocia, in una finestra temporale, un autore ed il suo interprete: due epoche e due sentire a confronto, in quel mistero che è lo scrivere in una lingua unica ed irripetibile.

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