Flatus Vocis, Breve invito all’agire animale (Novalogos, 2012) è un libro desueto, in cui sembri unire diversi approcci (passi dal teatro di Carmelo Bene alla teoria dell’azione di Harry Frankfurt) anche ad alcune considerazioni più personali … direi intime. Come mai questa esigenza?
“Esigenza” è la parola giusta. Flatus Vocis è un libro che nasce da un bisogno quasi intimo, quello di fare il punto su ciò che ho imparato in questi anni dall’antispecismo, tanto come filosofia che come pratica di vita. Per disegnare questa “mappa”, mi sono servito di me stesso, intrecciando ciò che conoscevo con la riflessione sull’azione che ha accompagnato ed acompagna i miei studi attuali. Quando si parla di animali, non per un fine accademico (fatico infatti a definite tale questo libro) o narcisistico, ma per l’esigenza di raccontarne la tragedia (la morte, il sangue e la disperazione dell’animalità) ogni tipo di classificazione traborda. Non esiste un’unica via, o la migliore, per dire ciò che gli animali non possono: ovvero che il massacro attuale dei loro corpi, la loro continua violazione attraverso sperimentazione, stupri e divertimenti, deve cessare.
“L’inferno oltre la barricata” – intervista su Notizie Radicali
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