Si parla spesso di “filosofia militante” e devo dire, in tutta sincerità, che si tocca un nervo scoperto della sociologia della conoscenza. Infatti, a mio giudizio, il vero il problema è il “filosofo militante”, e non la filosofia.
Perché la filosofia, in sé e per sé, è sempre militante: nel senso che è sempre partigiana, schierata in difesa di una tesi, o di un’altra, pronta a confutare un errore, o dimostrare l’esistenza di un paradosso. Dalla maieutica socratica, fino all’utilitarismo singeriano, la filosofia è la militanza per eccellenza.
Lo stesso, tuttavia, non capita per gli uomini che producono quella filosofia: i filosofi. E questo ci permette di parlare di un tema estremamente importante: che è quello del rapporto tra teoria e prassi.