Alex Schwazer: il “paesaggio morale” dell’italiano medio

Un mio articolo apparso oggi per Linkiesta.

Alex Schwazer: basta il nome, e tutti a urlare la propria indignazione. Ci ha tradito, dicono. Perché avrebbe dovuto rappresentare il senso di sacrificio, esemplificato dallo sport, mentre ha contribuito ancora una volta a far emergere le debolezze dell’umano.

Mi impressiona, dico sul serio, il livello così alto che ha raggiunto, per citare il Wittgenstein del Tractatus, lo “atteggiamento etico” del popolo italiano. Sempre il filosofo diceva che l’etica non è nel mondo, ma ne è condizione: nel senso che è trascendentale, difficilmente afferrabile da un discorso filosofico razionale, ma in un certo senso è ciò che rende possibile la filosofia stessa e il nostro mondo – quella cosa che è tale in relazione a una forma di vita, e che è limitata dal nostro linguaggio possibile.

In questo senso, la forma di vita dell’italiano, nel senso dell’umano italiano, sembra davvero immersa nel progresso e nel giudizio morale: evviva il bene, gridano in molti, e abbasso Schwazer che ci ha coperti di vergogna. Anche l’arma dei Carabienieri, fresca della lettura del Tractatus, probabilmente, sospende Schwazer dal suo incarico: non si sa mai che, mentre tutti sono pronti a dare addosso all’atleta, proprio le forze dell’ordine non si dimostrino integerrime.

 

 

 

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