Apparso su Linkiesta.
C’è una distinzione filosofica, antica ma attuale, che attraversa silenziosamente ogni pratica del nostro mondo sociale: quella tra ciò che è giusto e ciò che invece è giustificato (spesso dalla legge, dunque “legale”). È una distinzione che respiriamo ogni giorno, dai libri di storia che raccontano l’ingiusta legalità dei lager nel Terzo Reich, fino alla lapidazione legalizzata e giustificata, ai giorni nostri, in paesi come la Somalia, la Nigeria, il Sudan, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
Non è una distinzione peregrina, e non è neanche facile stabilire i confini entro i quali una pratica è categorizzabile in un modo o in un altro: ma è la consapevolezza che la giustizia sia qualcosa di più grande, importante, e trascendente le umane contingenze che spinge la nostra specie verso un progresso politico e morale che fa si, per esempio, che oggi una donna italiana goda di molti più diritti di quelli di cui godeva settanta anni fa.













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