«Dovremmo contare anche chi nasce, non solo chi muore. È la vita che sboccia, ostinatamente, in barba alle avversità». La voce del filosofo Leonardo Caffo è ancora impastata, quando lo raggiungiamo telefono. Il 12 marzo, in piena emergenza Coronavirus è nata la sua prima figlia, Morgana. «Appena l’ho vista ho pianto tutte le lacrime che non avevo pianto nella mia vita. Lacrime di gioia, certamente, ma anche di liberazione». Sua figlia infatti è nata a Torino, ma, vivendo sia lui che Carola, la sua compagna, a Milano (che era già zona rossa), appena sono arrivati alle Molinette i medici hanno fatto il tampone alla mamma e poi, in attesa del risultato, l’hanno messa in isolamento. «Nessuno poteva vederla, neanche io, e i medici le facevano solo le visite strettamente necessarie. «Anche quando è uscita dall’isolamento, perché il tampone era negativo, io non ho potuto starle accanto», racconta. «L’ho vista solo quando è entrata nella fase più attiva del travaglio, in sala parto. Adottando tutte le precauzioni, ma senza indossare nessuna tuta speciale, finalmente ho potuto avere un ruolo attivo, partecipe».