settimana scorsa ero in SPAGNA al MACBA di barcellona per lavoro. Per una mia lezione ho usato il libro Agentività ecologiche non ancora tradotto in italiano dove Fran Quiroga scrive una stupenda introduzione che è anche un piccolo manifesto di futuro che qui mi permetto di tradurre in italiano.
Autonomia come aspirazione Dai movimenti altermondialisti abbiamo imparato che la sovranità alimentare o il diritto dei popoli di definire le loro politiche in questo campo o per ottenere l’autodeterminazione politica o economica è fondamentale per garantire che le comunità non siano legate a grandi corporazioni o oligopoli che determinano prezzi o modi di agire. Paradossalmente, per annullare autonomie preesistenti, e allo stesso tempo interdipendenza, come membro di un intreccio maggiore di interazioni dove l’obiettivo è ridurre le dipendenze per ottenere relazioni più simbiotiche o di mutuo sostegno.
Pratica istituente mutante Per smettere di essere governati e generare autogoverno, è fondamentale il governo delle cose, perché chi decide e come si decide è trascendentale per superare il greenwashing. La chiave sta nel modo in cui le stesse comunità si dotano di meccanismi, dai beni comuni ad altre forme più legate al pro-comune, i quali generano una governance che cammina verso l’orizzontale.
Spazio di decisione collettiva Legati alla pratica istituente, i processi di agenzia ecologica cercano di generare strutture collettive di presa di decisioni, che vanno dai beni comuni come pratiche paradigmatiche di cogestione ad altri processi in cui la presa di decisioni si genera mediante meccanismi partecipativi. Molti di essi si collegano con la ricerca azione partecipativa, dove è la comunità che, mediante l’agire, genera una ricerca basata sulla propria esperienza.
Politiche del ritorno I benefici o i plusvalori che generano questi processi devono tornare alla comunità. In caso contrario, si ricorrerebbe a un modello estrattivista, per cui è necessario un impegno etico che permetta esercizi di restituzione, un ritorno di quelle conoscenze acquisite che ricada sulla comunità stessa, in modo da arricchirne le possibilità, nell’agire.
Riparazione ecologica La scommessa sulla riparazione ecologica, nelle parole di Jason W. Moore e Raj Patel, passa per “ridistribuire la cura, la terra e il lavoro affinché tutti abbiano l’opportunità di contribuire al miglioramento delle loro vite e che l’ecologia che soffre possa sciogliere la violenza dell’astrazione che il capitalismo ci obbliga a rappresentare giorno dopo giorno”. La scommessa sull’idea di riparazione va oltre il ripristino di ciò che era stato danneggiato, è una scommessa per generare nuovi usi in ciò che era stato abbandonato o scartato.
Cure di prossimità Pensare e agire dalla vicinanza ha due potenzialità. Da un lato, permette di lavorare su una scala gestibile e, pertanto, di non cadere nell’ansia di non riuscire a trovare soluzioni a livello macro. Dall’altro, ci permette di lavorare sull’immediatezza, sul tu per tu, su una conoscenza più profonda, più inclusiva, più umana.”
“Estetiche a venire L’estetica non è solo questione di forma, è anche una parte consustanziale dell’uso. L’estetica apre altre dimensioni e ci connette con altre sensibilità, rimettere di nuovo il corpo e la passione. È un meccanismo in più per non lasciare la ragione esclusa come unica forma di affrontare ciò che ci riguarda. Porre l’attenzione altrove, da altri punti di vista, sfruttare il disegno o la danza sono ottime vie per affrontare ciò che ci riguarda, la parola non è l’unica forma di dire ciò che ci preoccupa.
Genealogie situate L’agenzia ecologica aziona processi con uno sguardo al passato non come esercizio nostalgico, ma come genealogie che rappresentano un patrimonio di conoscenze e modi di comprendere il territorio che sono utili per affrontare le sfide del futuro. Agire partendo da queste genealogie significa fondare un modo per riparare quei danni che ha causato la modernità, che ha subordinato molti di quei saperi e modi di essere nel mondo.
Per un’ecologia dell’attenzione Ci hanno rubato l’attenzione, siamo caduti in un’iperattività visiva, migliaia di immagini ci attraversano ogni giorno e, nel frattempo, smettiamo di vedere ciò che nel quotidiano, nelle cure o nel ciliegio del giardino, nei fiori in aprile è anche una forma di pensare che solo l’epico o il monumentale sia rilevante e che forse, o nel mediocre, molte volte c’è più vita che nel successo o nell’avventura.
Reimmaginazione politica dei legami nel terrestre Per abitare il terrestre, come ci ricorda Bruno Latour, è necessario tessere nuovi legami tra la società e lo spaziale. Ci interessano quelle proposte situate in un territorio concreto. Di fronte alla rottura dei legami che ha portato la modernità, è necessario che si ristabiliscano quei legami in altri modi; da qui il fatto che l’immaginazione politica serva da meccanismo per reincantare le nostre relazioni con il territorio.
















